
Queste è una frase facente parte delle numerose lettere che Vincent Van Gogh scriveva al fratello Theo nel loro personalissimo modo di comunicare. Questa è del 1888, e 83 anni dopo, un cantautore americano, dopo aver sfogliato un libro sul pittore, resta folgorato da ciò che vede, e dopo averlo osservato a lungo, decide di esprimere in musica, qualcosa di commovente come un quadro.
Siamo nel 1970, Don McLean è un cantautore di nicchia che suona folk e che non ha un grosso seguito di pubblico, il successo è poco, il lavoro molto, la vita matrimoniale non felice. Vive uno di quei periodi dove si riflette molto su se stessi e sul rapporto con gli altri, dove leggendo una storia, si manifesta solidarietà per qualunque personaggio viva delle difficoltà nella vita che possiamo ricondurre alle nostre; uno di quei momenti dove la nostra parte sensibile e poetica bussa alle porte della coscienza, e se c’è dall’ altra parte un’ artista ad aprire, il tutto può culminare con la creazione di un gioiello di struggente bellezza, che scioglie le pene e ci carezza il cuore.
Questo è in fin dei conti quello che ha creato Don nel 1971, un piccolo gioiello acustico per chitarra e voce, da ascoltare con i sensi ricettivi, sorseggiando un bourbon su di una terrazza, osservando il paesaggio e cercando di cristallizzare le immagini e fermarle nella nostra mente.
Il brano si apre dichiarando subito il tema trattato, quello “Starry starry night” ci aiuta a prendere il ritmo e ad aggrapparci all’ arpeggio che ci accompagnerà fino alle ultime battute; il testo è poesia pura, fatta di scene che delineano l’ opera del pittore olandese, ma che in alcuni punti ne delineano anche l’ aspetto caratteriale, quello sociale, e quello psichico. Versi come “colora la tua tavolozza di blu e grigio” fanno riferimento ai colori che insieme al giallo sono prevalenti nell’ opera, il blu del cielo insieme al grigio dei tetti delle case, così come i “campi mattutini di grano color ambra” sono quelli che Vincent vedeva chiuso nella stanza della clinica psichiatrica dove si era fatto internare in quel periodo. Un omaggio quello del cantautore, che va oltre quello per l’ aspetto artistico; il testo risulta essere un attestato di stima per la persona, viene definito “ For one as beautiful as you”, vittima di un mondo che non lo meritava e di una famiglia che non lo ha mai capito, di una società involgarita, che il pittore aborriva, ma che cercava di rendere più gentile grazie alla sua arte. Se ne è andato da solo Vincent, solo “as lovers often do” come fanno gli innamorati, solo ed in silenzio, in un campo di grano, quel grano giallo e maturo che aveva rappresentato in diverse sue opere. Il lavoro di Don è stato quello di regalarci piccoli bozzetti fatti di immagini, che descrivono i diversi quadri, ma che raccontano la vita ed il dolore del pittore olandese, come la sofferenza per una malattia mentale mai definitamente stabilita, la sofferenza per le classi disagiate e per le persone bisognose, “come gli estranei che hai incontrato” e come “gli straccioni in vestiti stracciati”. “Loro non ti hanno mai capito, perché non sapevano come fare”, è invece un riferimento alla sua famiglia ed ai suoi amici, che non sono mai riusciti a capire come rapportarsi con la sua sofferenza e che difficilmente sono riusciti ad stargli vicino. “guarda fuori a una giornata d’estate” “ con occhi che conoscono l’oscurità della mia anima” crea una sorta di parallelo tra le vite dei due artisti, McLean come detto viveva un periodo non proprio felice della propria vita, ed è come se si creasse una simbiosi tra le difficoltà di uno e la comprensione dell’ altro, come a stabilire un’ intima complicità tra due uomini lontani, ma legati dalle ombre scure dietro i propri occhi.
Il brano è una delicata carrellata di istantanee di vita ed arte fuse insieme, mai la voce aumenta di volume, rallenta invece per rendere più significativi alcuni versi; come non rimanere rapiti dal modo di interpretare un “ora io ho capito quello che volevi dirmi” ancora una volta l’ autore si mette di fianco alla figura del pittore e con il fare di un vecchio amico gli dedica un abbraccio caloroso, pieno di comprensione e bontà, come se al mondo l’ unico capace di capirlo fosse proprio lui. Uno dei versi più emozionanti lo ascoltiamo alla fine del brano, quando un ormai rassegnato Don saluta Vincent dicendogli che “loro non ti davano retta, non ti danno retta tuttora” e “forse non lo faranno mai”.
Vincent Van Gogh dipinse il quadro in una notte di Giugno, poco prima dell’ alba. Il quadro non è fedele rispetto a ciò che vedeva, infatti avendo nella sua stanza nella clinica di Saint-Rémy de Provence, una visione limitata dell’ esterno, descrisse il cielo facendo riferimento a tutto ciò che lui aveva interiorizzato, e mise su tela una sorta di “espressione” carica di significato del cielo e delle stelle che lo componevano.
A Theo un giorno scrisse.
Per agire nel mondo, occorre morire a se stessi…L’uomo non sta sulla terra solo per essere felice, neppure per essere semplicemente onesto. Vi si trova per realizzare grandi cose per la società, per raggiungere la nobiltà d’animo e andare oltre la volgarità in cui si trascina l’esistenza di quasi tutti gli individui.
come sempre una penna gentile, che scrive parole che trascinano la mente, parole che ti fanno vivere lo scritto, come se fossi li, parte integrante del racconto. mauro.
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