Composizione sullo scorrere del tempo

Siamo nel 1993, anno denso di uscite discografiche, il Non genere Britpop domina le classiche, ma al suo interno, si fa strada in modo originale, un gruppo che arrangia in modo barocco le proprie canzoni, che proviene dall’ Irlanda del Nord, e che ha un nome retrò e letteralmente importante, The Divine Comedy.
Ci sono figure e nomi presenti nell’ immaginario collettivo, quando si parla della musica inglese degli anni ‘90, che rimangono appiccicati nella memoria e che difficilmente riusciamo a scindere dai propri ruoli. Se si pensa per esempio alla figura del dandy non possiamo che associarla a quella di Brett Anderson, la figura colta ed intellettuale ha la faccia di Jarvis Cocker, il belloccio e bravo ce lo figuriamo simile a Damon Albarn, li sboccati ed irriverenti sono i fratelli Ghallagher, i geni ed innovatori di un certo rock portano il nome di Tom Yorke e Johnny Greenwood. Tra questi manca all’ appello quello che in misure diverse, rappresenta tutte le figure sopra citate, il nome che non ci viene mai in mente, il personaggio a torto fatto passare in secondo piano, messo tra le riserve, ma pronto a subentrare nelle liste alla prima defezione dei cosiddetti “titolari”.
Neil Hannon, nato a Londonderry, è un ragazzo poco più che ventenne, col pallino dei poeti, meglio se maledetti, e della letteratura romantica. Un giorno, passando del tempo nella biblioteca di famiglia e scorrendo i titoli dei libri, si trova davanti l’ opera capolavoro del sommo poeta, Dante Alighieri, e pensa che non sarebbe stato male battezzare in quel modo il nuovo gruppo che aveva in mente di fondare.
Dopo vari tentativi di assemblare un gruppo col quale suonare le sue composizioni letterarie, finalmente grazie alla frequentazione di un pub, ai discorsi sulla musica, sulla poesia, ed alle pinte bevute ed offerte agli interlocutori, riesce ad ingaggiare un gruppo di bravi musicisti che faranno parte del primo nucleo della band.
Il brano sul quale ci soffermeremo oggi fa parte del secondo disco licenziato nel 1993 “Liberation”, disco a differenza del primo, più centrato e meno acerbo, nel quale si intravedono tutte le potenzialità e la caratura stilistica di Hannon e soci. Il brano prende spunto dal testo, ma cambiandone il significato e qualche verso, da una vecchia canzone di Nat King Cole, “When i fall in love”, è poi riapparso nel 1997 nell’ album “ A Short Album About Love”, riarrangiato, ricantato e finalmente in possesso di quella aura magica sempre in bilico tra tensione lirica e potenza poetica.
Un morbido ma oscuro tappeto di archi, una voce baritonale, calda, le parole recitate come a scandire delle sentenze, questo è quello che nei primi secondi del brano si ascolta e si fatica a capire, stupiti e sorpresi. Hannon si fa accompagnare da un quartetto d’archi stavolta, in questo modo riesce a conferire alla melodia quell’ elasticità che nella prima versione non era possibile avere, così invece riesce a farsi guidare dalla musica, adatta la metrica con il variare del canto, accentua e abbozza frasi, le espande e le ritira. Il tutto ci regala una performance da lasciarci inchiodati al divano, cullandoci, oppure facendoci sussultare ad ogni variazione di registro, ci permette di riflettere sulla vita guidati dal testo, un’ incontro fortunato tra il romanticismo più passionale, anche se qualcuno lo definì un po’ adolescenziale, ed il decadentismo. Gli arrangiamenti barocchi poi, avvolgono di pathos e ricercatezza una composizione che in 23 anni non si è mai vista riconoscere la propria importanza nel panorama musicale, sopratutto in quel genere identificato come “Torch Song”.
Il brano si apre con la voce baritonale degna di un ispirato Scott Walker, che recita frasi come “se mi addormento potrebbe essere per sempre” e quindi Hannon preferirebbe non addormentarsi più, omaggio ai poeti romantici, con la loro tristezza e nostalgia per le cose che potrebbero perdere, e quindi come difesa, per non soffrire, preferiscono privarsene a prescindere. Il lato decadente viene da versi come “ Quando cado a pezzi, rimettimi insieme, e la mia vita sarà completa” in mezzo c’è tanta passione e buoni propositi, c’è la voglia di stare bene e di fare tesoro del tempo passato insieme, la voglia di essere gentili l’uno con l’ altro, perché il tempo scorre e tutto potrebbe accadere, “Maybe it’s tonight, Maybe tomorrow night, Next week, Next month, Next year” il tutto cantato con una verve operistica nel modo di scandire le frasi. Gli ultimi versi poi sono imprescindibili per ogni componimento romantico, “ Quindi non mi innamorerò mai, Ma nel momento in cui lo sento, e se anche tu ti senti in questo modo, È quando potrei innamorarmi di te”.
In un’ intervista Neil Hannon dichiarò che gli arrangiamenti “pazzi”, barocchi, eleganti, maestosi, nascono perché gli piace farli, perché non si pone dei limiti, ma la cosa più difficile è semplificarli. In questo brano gli arrangiamenti non sono facili, ma di sicuro sono stai resi più “scarni”, e così facendo è stato in grado di dare più ariosità alla composizione, è stato in grado di dare il giusto spazio ad ogni componente, la voce, il suono vellutato degli archi, e la riflessione malinconica sul tempo che scorre, regalandoci una poesia che ci abbraccia l’anima, e che ci lascia una struggente tristezza nel cuore.