September: David Silvyan

Quando una poesia, con un pianoforte e gli archi ad avvolgerla, rende magico lo scorrere di un giro d’ orologio.

È il 1987, David Sylvian da alle stampe il suo nuovo album “Secrets of the Beehive”, il suo quarto da solista. Da molti considerato il capolavoro dell’ artista inglese, un totale di nove tracce tutte legate da un mood intimista, minimale, atmosfere jazzate. Nove tracce dove insieme a collaboratori di assoluto valore, tra cui il suo ex compagno nei nei Japan, nonché fratello Steve Jansen, da vita a paesaggi sonori rarefatti lontani dal trucco e dai lustrini della sua vita passata. Intriso di poesia ed eleganza, è un disco molto omogeneo, elegante ed introspettivo nella sua totalità.

Tra i collaboratori di Silvyan, ritroviamo anche Ryūichi Sakamoto, col quale ha dato vita a quella perla rara dal titolo “Forbidden Colours” nel 1983, brano che tra l’ altro ritroviamo anche in questo disco, ma solo nella versione cd come bonus.

Anche in questo lavoro i due collaborano e lo fanno nel brano d’ apertura, una poesia messa in musica dove in appena un minuto e sedici secondi, disegnano un bozzetto sonoro intimo, avvolgente, con Silvyan a suonare una manciata di note al pianoforte e Sakamoto ad abbracciarle con le tastiere come un maglione messo sulle spalle contro i primi freddi. Settembre è in effetti il mese che segna la fine dell’ estate, la ripresa dei progetti, del lavoro, e può esser preso come metro di valutazione, un punto di arrivo e quello di ripartenza.

Qui il sole splende ancora, ma lo fa in modo più tenue, fa sentire meno il suo calore addosso, sembra quasi essere un fattore di disturbo, una presenza di troppo per gli stati d’ animo dei due attori, descritti come vogliosi di pioggia, quella pioggia dove rifugiarsi per lavare via i dolori del cuore, quella pioggia che confonde le lacrime dovute ad una vita non felice, a dei giorni mai troppo sereni, la pioggia che metta a tacere le risate che si ascoltano in giro. I due musicisti si capiscono a camminano sullo stesso sentiero senza mai intralciarsi, senza mai suonarsi addosso, ognuno conscio dei passi dell’altro, rispettosi dell’ equilibrio creato. La voce è come sempre calda, baritonale. Ne viene così fuori un’ alternanza di note, e parole, e visioni, ed emozioni che si rincorrono fino alla presa di coscienza finale che Settembre è di nuovo qui, tra di noi e con noi, Settembre è tornato, e forse fa male rendersene conto in maniera così repentina, fa male per tutto quello che poteva esserci in quello spazio- tempo immaginato, e che invece non è potuto essere.

“Il sole splende alto, i suoni delle risate, gli uccelli piombano in picchiata, sulle croci delle vecchie chiese grigie, diciamo che siamo innamorai, ma segretamente desideriamo la pioggia, sorseggiando coca e giocando, Settembre è di nuovo qui, Settembre è di nuovo qui…”

September

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