
Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra una stella…
Quella che raccontiamo oggi è la storia di una canzone, canzone del 1964, una delle più note di Fabrizio De Andrè, La Canzone di Marinella. Ma non raccontiamo la storia messa in musica, non quella descritta in quel modo così poetico dal cantautore genovese; quella che andiamo a raccontare oggi è la vera storia di una bambina come tante, cresciuta troppo in fretta, nel modo sbagliato, nei tempi sbagliati, che ha vissuto come non avrebbe mai voluto, ed è morta a soli 33 anni, ritrovata in un fiume vicino Milano.
Maria è una bambina nata nel 1920, nel sud Italia, in Calabria. Ci vive fino ai nove anni, poi con i genitori, si traferisce a Milano. I Boccuzzi, questo il loro cognome, sono dei braccianti agricoli, e come tanti, sperano di trovare al nord, un pò di serenità ed un pò di agio economico. Maria inizia molto presto a lavorare, ha quattordici anni, cosa non rara a quei tempi, sopratutto se sei donna, e quindi come spesso accade, a scuola ci vai solo per ricevere un’ istruzione di base.
Trova lavoro in una fabbrica di tabacco, e con il lavoro iniziano ad arrivare anche i pochi soldi, che però le permettono di togliersi qualche piccola soddisfazione e di aiutare la propria famiglia. Con il tempo in fabbrica trova anche l’amore, lui si chiama Mario, è un ragazzo più grande di lei, e nei momenti passati insieme i due si mettono a sognare il proprio futuro.
I sogni sembrano così reali e vicini, che Maria comunica a casa di voler lasciare il lavoro per andare a vivere insieme al suo ragazzo.
Siamo intorno al 1935, ed una cosa del genere non è facile da digerire, da qui, liti e discussioni che mineranno per sempre il loro rapporto.
La coppia prende in affitto una mansarda sperando di costruirci la propria alcova. Ben presto però, i problemi economici, e le divergenze caratteriali catapultano bruscamente i due a quella che è la realtà, così lontana da quella sognata qualche tempo prima. Quindi si lasciano, con Mario che abbandona la casa e con Maria che rimasta sola, senza lavoro e con poca istruzione, la famiglia ancora avversa, non sa più da dove e come poter ripartire.
Prova a perseguire allora la carriera di ballerina, è di sicuro una bella ragazza, e così, decide di cambiare nome in Mary Pirimpo, si aggrega in una compagnia di terza categoria ed inizia a girovagare per i locali più squallidi e mal frequentati della comprensorio. Anche in questo caso le cose non vanno bene, come detto i locali dove si esibisce sono brutti e mal frequentati, e le prestazioni artistiche tutt’altro che soddisfacenti.
In uno dei tanti posti dove capita, conosce un certo Luigi Citti, Jimmy per gli amici, ex ballerino di avanspettacolo, assiduo frequentatore ed animatore delle nottate dell’ “Arethusa” un nightclub milanese. La solitudine porta spesso le persone ad avvicinarsi a quelli che reputa suoi simili, ed è lo stesso anche per Maria; infatti iniziano a frequentarsi, e tra un racconto di uno spettacolo e l’altro, e grazie alle promesse di farla diventare celebre, finisce per innamorarsi di quello strano tipo. Per un pò vanno avanti così, con qualche esibizione e con le serate trascorse con Jimmy.
Una sera, gli viene presentato Carlo Soresi, detto Carlone, un tipo dal quel stare alla larga, un tipo che fa l’ impresario di dubbia fama, ma che in realtà è un protettore. Il destino di Maria da questo momento è segnato per sempre, si infrangono i sogni di una carriera sotto i riflettori, e ne inizia una fatta della luce dei lampioni. Prima inizia a lavorare nelle case chiuse di Milano, quindici giorni e poi via, si cambia, perchè il protettore, più che di prostitute, lo è di se stesso e dei proprio clienti. Gira anche in altre regioni, si sposta a Torino e poi a Firenze , poi però fa ritorno a Milano, e qui inizia a lavorare per la strada.
Non è la vita che avrebbe voluto, racconta alle altre ragazze di voler mettere da parte un pò di soldi ed aprirsi un negozietto, fare pace con la famiglia e vivere serena. Ma per il momento la sua vita è li, su un marciapiede, a prendere freddo, a fare tardi, e subire le umiliazioni ogni sera.
Ed è proprio una sera, quella del 27 gennaio del 1953, che Maria si incontra con Jimmy fuori all’ “Arethusa”, fanno una passeggiata con insieme l’ amica Wanduccia e poi si separano, Jimmy va a casa a dormire, le due amiche invece proseguono a camminare a caccia di clienti. Alle due del mattino anche Wanduccia se ne torna a casa, e Maria rimane da quel momento in poi da sola. Nessuno saprà mai chi ha incontrato, dove se ne sia andata e come abbia trascorso il tempo.
La ritrovano la mattina sulle rive del fiume Olona con sei colpi di pistola in corpo, priva della borsetta e senza documenti addosso. Passa giorni nella camera mortuaria, dimenticata da tutti, non cercata da nessuno, finchè una sua amica la riconosce. Aveva trentatre anni.
Si racconta che l’abbia ritrovata un operaio, o dei bambini che giocavano a pallone, ma questo non importa. Per tutta la parte delle indagini vi rimando a qualche altro blog oppure a leggere l’ottimo libro di Roberto Agenta “Storia di Marinella… Quella vera” uno psicologo che con fare da detective è riuscito a portare a galla la vera storia e l’identità della protagonista di questa canzone.
Anni fa lo stesso De Andrè raccontò di aver letto la notizia quando era adolescente, che raccontava di una giovane donna trovata in un fiume, lui lo ricorda come Tanaro o Bormida, su un giornale locale, e che colpito dalla sua storia, le avesse voluto regalare una vita ed una morte più dolce.
Tutta questa sembra una storia di oggi, ma è una storia senza tempo, che ieri come domani potrà risuccedere e che come l’ ultima volta potrà passare in sordina, con al massimo dieci righe nelle pagine di cronaca su un qualsiasi giornale di provincia.
Faber mise in musica questa storia ed ebbe la fortuna di essere consigliato nel modo giusto, cambiò parti del testo, quelle più scabrose ed esplicite. Grazie a questo accorgimento rese il suo brano cantabile anche da Mina, fatto questo che lo fece rendere conto di poter passare la propria vita a raccontare le storie, quelle degli ultimi, degli indifesi, degli scarti della società.
Grazie a questa poesia in musica, rese immortale quella che fu conosciuta come Maria da pochi, Mary da molti, ma Marinella da tutti.